domenica 27 luglio 2014

"LIBERATI" I QUATTRO MORI SIMBOLO DELLA TOLLERANZA




Dopo meticolosi lavori di restauro sono stati "liberati" dalle impalcature i "quattro mori", monumento simbolo di Livorno che ogni tanto fa storcere la bocca a qualche turista di passaggio a Livorno.

Nonostante siano stati liberati, infatti, c'hanno sempre le catene. In effetti quando sono stati scolpiti esisteva sempre la schiavitù sia da parte cristiana che da parte musulmana. Ma chi ritiene  che questo monumento sia un'opera che celebra la schiavitù si sbaglia di grosso.

Al contrario, i quattro mori sono alla base della politica di tolleranza inaugurata dai Medici a Livorno, che promettevano agli stranieri di poter esercitare in libertà il proprio culto religioso e i propri traffici commerciali. Ma come si poteva commerciare liberamente se c'erano i pirati ( saraceni) che impedivano ciò ?
I granduchi non erano contro i musulmani o le persone di colore. Non è razzismo o  puro schiavismo il loro. A Livorno infatti arrivarono tantissimi arabi e anche qualche musulmano che poterono circolare liberamente e diventare anche ricchi. Si combatteva essenzialmente, per mezzo dei cavalieri di santo Stefano, non i musulmani o i mori in generale ma coloro che incarnavano l'imperialismo di quel tempo, ovvero i turchi.

Ai prigionieri (schiavi) turchi veniva data la possibilità di uscire dal bagno penale ed esercitare anche attività commerciali oltre a poter pregare il proprio Dio nelle quattro moschee che c'erano a Livorno.

A chi ancora si indigna guardando i quattro mori, non più in gabbia ma ancora con le catene, dobbiamo  insegnare la storia

domenica 20 luglio 2014

LIVORNO CITTA' DELLA TOLLERANZA COME NAPOLI





Il 7 Novembre 2012 il consiglio comunale di Napoli all’unanimità ha proclamato Napoli “ città della tolleranza, dell’accoglienza e della convivenza”. Anche Livorno avrebbe le carte in regola per fare la stessa cosa. Che cosa stiamo aspettando ?

sabato 19 luglio 2014

UN GIARDINO DEI GIUSTI ANCHE A LIVORNO

Lapide in via della Posta in ebraico e in italiano


Alcune città italiane hanno realizzato negli spazi di pertinenza comunale i cosiddetti “Giardini dei Giusti”. Hanno risposta presente Brescia, Milano, Catania, Firenze, Roma, Palermo, Rimini, Torino, etc
Livorno, nonostante una comunità ebraica di grande lignaggio e anche oggi abbastanza nutrita, non ha ancora partorito il suo “Giardino dei giusti” e forse non ci ha neanche pensato. Eppure Livorno annovera tra i “Giusti delle nazioni” un grande personaggio come Mario Canessa, medaglia d’oro al valor civile.
I giardini dei giusti, si sa, sono delle succursali dell’unico e originario Giardino dei Giusti ( Yad Vashem) di Gerusalemme, dove gli eroi non ebraici che salvarono gli ebrei hanno avuto riconoscimento e riconoscenza.
Non credo sia difficile creare anche a Livorno un giardino dei giusti in cui piantare degli alberi in memoria di chi si sacrificò a favore degli ebrei. Forse si potrebbe fare anche di più, ovvero creare un Parco della tolleranza, che oltre al giardino dei giusti esprima un dovuto omaggio a personalità che si sono distinte nel campo della tolleranza tra i popoli. Il primo nome ( livornese) che mi viene in mente è Ilio Barontini.
Su un muro di via della Posta c’è una lapide che ricorda come nel 1986 ebrei e cattolici abbiano piantato un albero nella Fortezza nuova in segno di pace. Forse si potrebbe fare lì, in quella suggestiva cornice, il parco della tolleranza ?



venerdì 18 luglio 2014

PERCHE' UN MUSEO DELLA TOLLERANZA A LIVORNO

Un museo della tolleranza a Livorno ? Perché no. L’importante è farlo a modo nostro, evitando di spendere milioni di euro ( che non ci sono) come hanno fatto invece  altre metropoli del mondo.
Il museo della tolleranza di Livorno, se un giorno si farà, non dovrà seguire il solito canovaccio di collezione e documentazione che spazia dall’olocausto al razzismo. Il museo della tolleranza di Livorno come ho spiegato nelle pagine statiche di questo blog non avrà muri e oggetti da collocare dentro. Il museo della tolleranza di Livorno non sarà altro che Livorno stessa, con i suoi musei, le sue chiese, cimiteri, teatri, e quant’altro, secondo l’elenco presente nelle pagine statiche presenti sotto il titolo del blog. Perché Livorno e forse solo Livorno ha una storia che è fatta di tolleranza tra i popoli e le nazioni.
Elenchiamo quali potranno essere i vantaggi di un tale museo:

  • Costo quasi zero
  • Presentarsi al mondo come città della tolleranza e di eccellenze storico- culturali e religiose
  • Attirare nuovi segmenti di turisti, favorendo progressivamente l’apertura a tempo continuato di luoghi altrimenti chiusi o serventi ad orario ridotto.
  • Cavalcare i flussi in aumento del turismo “cimiteriale” interessato soprattutto a visitare i cimiteri acattolici
  • Creare un percorso coerente e tematico e non dispersivo che possa rendere più agevoli e soddisfacenti le visite dei turisti in città che si dovranno concentrare sui 26 luoghi del museo
  • Valorizzare una zona come San Marco, in progressivo decadimento
  • Favorire la tutela e la valorizzazione dei beni culturali inglobati nel museo, puntando a convogliare i fondi disponibili sui 26 luoghi del museo
  • Mostrare in toto il ridotto patrimonio pittorico ( i quadri del Vasari, della scuola di Giotto, il Beato Angelico) ridotto ma significativo della città
  • Dare importanza a luoghi che sono sempre stati snobbati e che invece fanno parte di un percorso speciale che enfatizza soprattutto la stagione tardo rinascimentale e barocca dell’arte italiana ed europea.
  • Certificare con il marchio “Museo della tolleranza” un patrimonio culturale ed artistico degno di nota che per quanto riguarda le chiese rappresenta una vera e propria immersione nell’architettura barocca.
  • Creare feedback positivi da parte dei turisti, associando arte, architettura e cucina livornese
  • Creare una nuova mentalità che, pur non negando che la crescita economica passa da altre scelte molto più delicate, seppellisce una volta per tutte l’adagio vernacolare: “ A Livorno non ci s’ha nulla, ma siamo tanto ignoranti”


Se queste parole vi sembreranno poco serie o vi faranno ridere, considerate che ho scritto un libro sulla storia delle burle.