Uno degli obiettivi di
questo blog è quello di sfatare la leggenda “nera” molto in auge negli ultimi cinquant’anni secondo cui a
Livorno non c’è niente da vedere. Ce lo siamo sentiti ripetere come un antifona
per anni e anni, tanto che alla fine ci siamo convinti di vivere in una città
desolatamente spoglia di bellezze artistiche e testimonianze storiche. Il
fascismo prima, i bombardamenti poi hanno devastato la città, privandoci della
visione di capolavori artistici ed architettonici. La dissennata ricostruzione
del dopoguerra ha fatto il resto, sostituendo alle macerie lo scomposto e
sgangherato cemento di opere che anelavano soltanto alla bruttezza. Ma non è
bastato per distruggere la città che ancora oggi, nonostante i molti rimaneggiamenti,
si presenta con un insolito ( per l’Italia) fascino cosmopolita.
La tolleranza è stato
il valore-simbolo della città di Livorno, coltivato soprattutto nel XVII, nel XVIII
e XIX secolo, ma vivo anche oggi. Si nutre delle vicende delle varie comunità
straniere, riconosciute come “nazioni”, attratte dalle promesse contenute nelle
famose “Leggi livornine” di potere esercitare liberamente il proprio culto e i
propri affari. La tolleranza non si è esaurita nei secoli ma scandisce ancora la
vita dei livornesi, come se fosse
attaccata alla loro pelle più del salmastro. La tolleranza risalta in modo
magnificiente, in quei monumenti, architetture, chiese e cimiteri, talvolta
rimaneggiati o decadenti, che sono testimoni di quella straordinaria e
pionieristica epoca, in cui l’Europa era appena uscita da uno dei suoi più cupi
periodi: quello delle guerre di religione.
Mi è sembrato dunque
doveroso celebrare questo passato che è soprattutto presente. Quei monumenti,
quelle chiese, esistono ancora e rischiano di rimanere luoghi isolati se non si
dà loro una ragione di esistere. Essi, esse, stanno insieme perché ad unirle c’è
un nobile valore, ovvero la tolleranza. Quei luoghi infatti sono nati per
questo.
La vera ricchezza di un
centro storico che si sta desertificando sono proprio loro. Per farli stare
insieme non ci resta che creare qualcosa che li unisca. Il centro città e il
quartiere della Venezia sono dei musei all’aria aperta, dove si trovano le più
alte testimonianze storico-artistiche di uno dei più importanti valori dell’occidente
come è appunto la tolleranza.
Lo scopo principale di
questo blog diviene allora quello di promuovere idealmente la nascita di un Museo della tolleranza a Livorno. Non
si tratta di spendere decine di milioni di euro come hanno fatto Gerusalemme e
Los Angeles per analoghe iniziative. Qui non
dobbiamo costruire o ristrutturare un edificio ed inserirvi dei cimeli
od opere ad avanzato contenuto digitale o interattivo. Non uno ma tanti edifici potranno costituire il nerbo e lo scheletro del museo della tolleranza. Sono le
chiese, i cimiteri e i monumenti che tutti noi conosciamo, ma che di fatto
ignoriamo nelle vesti di testimonianze dirette della tolleranza a Livorno.
Sarà un museo low cost
o, meglio, a costo zero. L’unica spesa sarà quella di collocare davanti alle
singole opere artistiche e architettoniche il cartello bilingue
(italiano-inglese) “Museo della tolleranza di Livorno”, con annessa la storia e
la descrizione di quei luoghi che si vogliono celebrare.
Davanti ai quattro mori
ci metteremo così il cartello “Museo della tolleranza di Livorno”, seguito poi
dalla storia e dalla descrizione del monumento visto in una prospettiva di
tolleranza. Così faremo davanti alla chiesa dei greci Uniti, o del cimitero
degli inglesi. In questo modo si creerà un percorso di oltre 20 luoghi della
tolleranza che potranno essere visitati dai turisti italiani e stranieri e che
anche i livornesi potranno vedere con occhi diversi. Sarà così più facile
capire la storia o meglio, la loro storia, che è anche la mia.
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